Questa frase spesso ritorna nei discorsi tenuti dal noto filosofo Umberto Galimberti. Affermazione sicuramente teatrale e affascinante, che lascia intendere che non appartiene ai giorni nostri, ma a quelli più gloriosi di un’antichità lucente e maestosa, la quale fa apparire il presente come un’età grigia e inconsistente. In particolare, mi è capitato di sentirla da poco ad una sua conferenza, tenutasi il 15 Marzo, in occasione dell’Umbria Antica Festival che aveva come tema centrale l’uomo nell’età della tecnica. Da allora questa frase mi è rimasta in testa e ho voluto approfondire cosa realmente può significare e, soprattutto, se questa ambizione sia attuabile nel presente in cui viviamo. Nelle mie ricerche ho trovato su Youtube un video di qualche anno fa di Rick DuFer, dal titolo “In Difesa del Presente: perché non possiamo essere greci”, dove fa un’interessante critica a Galimberti, sfatando diversi miti del suo pensiero. Di seguito ripercorrerò in breve i punti principali della sua argomentazione.

Quante volte sarà successo a tutti noi di affezionarsi ad un’epoca passata e di sentirsi parte di essa, per tutte quelle caratteristiche che aveva e che sentiamo vicine, molto più magari di quelle del presente? Siamo portati a ciò da un bias cognitivo, un errore di valutazione causato da due meccanismi difensivi: la negazione del presente, perché ne siamo insoddisfatti, e l’idealizzazione del passato, che vediamo più affine a noi perché semplicemente non l’abbiamo vissuto. La mistificazione del passato, per quanto riguarda il mondo greco, è stata propria di tutti i secoli successivi ad esso e, ancora oggi, persiste. Siamo abituati a vedere questi templi e statue di colore chiaro quando, grazie ad analisi archeometriche, è risaputo che fossero colorati. E probabilmente, vedendoli nel loro stato originale, preferiremmo ciò che il nostro occhio ormai si è abituato a vedere e a percepire come bello. Non a caso in passato, quando ancora non era nota la loro policromia, personaggi dal calibro di Winckelmann, noto storico dell’arte vissuto nel ‘700, attribuivano al candore la qualità di quelle opere, un candore attribuito alla purezza e all’armonia, che solo la perfezione dell’arte classica era stata in grado di raggiungere. Questa tendenza inoltre è nociva, come già diceva Nietzsche, nelle sue Considerazioni inattuali, dove fa luce sul rischio di prendere il passato come modello. È bene infatti cercare indietro dei modelli per il presente, finché questo non porta ad un effetto paralizzante, che non permette di passare all’azione, perché si crede già in partenza di non poter eguagliare la grandezza della storia di un tempo.

Tornando al fulcro del discorso, perciò, cosa potrebbe voler dire essere un antico greco oggi? Innanzitutto sarebbe un vanto. Sembra che, prima di allora, l’umanità non avesse conosciuto la democrazia, la filosofia e il pensiero critico, il teatro e tante altre cose per cui tutti noi siamo loro debitori. Ma siamo proprio sicuri che l’Antica Grecia avrebbe fatto al caso nostro? Il primo grande scoglio che ci separa da essa è la nostra diversa concezione del tempo. Dopo il cristianesimo, infatti, c’è stata una rivoluzione nel modo di concepirlo, passando da una concezione ciclica ad una lineare, in virtù della visione cristiana che vede la realtà in progressione verso un destino ultimo. Il tempo ciclico consiste nel vivere ogni momento come se fosse l’ultimo, siccome tornerà all’infinito. È una concezione che privilegia la qualità alla quantità: non a caso, l’uomo greco preferiva la bella morte alla vita lunga ma senza gloria, ovvero credeva che la morte migliore fosse quella avvenuta in giovane età, combattendo per la propria patria. Uno svantaggio della visione ciclica è che questa guarda essenzialmente al presente e di meno al futuro. C’è assenza di progettualità, che nella nostra società è stata fondamentale per il progresso della scienza e della medicina, che ha debellato le pestilenze e la mortalità infantile. Un antico greco non aveva le certezze che abbiamo noi. 7 bambini su 10 morivano prima di raggiungere il quinto anno di vita. Oggi tutto ciò sta migliorando e stiamo facendo molti passi in avanti. In secondo luogo, nel video viene sfatato il mito dell’armonia degli antichi con la natura, la quale comunque causava catastrofi naturali e pestilenze che non sapevano ancora gestire e con cui invece abbiamo imparato, almeno in parte, a convivere.

In conclusione, quindi, la mitizzazione del passato può spesso portare ad un nichilismo stagnante che fa perdere d’occhio il presente, che, essendo comunque la dimensione in cui dobbiamo vivere, per quanto ciò sia difficile da accettare, va costantemente analizzato nel tentativo di comprenderlo e migliorarlo.