“Dario Fo è proprio Dario Fo”.
Questa è la risposta della giornalista Chiara Valentini in un’intervista del 1979 incentrata sulla biografia, da lei realizzata, circa la figura di Dario Fo. La Valentini non esita a lodare l’artista quando le viene chiesto di paragonarlo ad un attore famoso della sua epoca, in quanto non ha rivali nel suo campo ed emerge magnificamente su tutti i suoi colleghi.
Dario Fo nasce il 24 marzo 1926 a Sangiano, in provincia di Varese da una famiglia antifascista. Nonostante il successo notevole raggiunto durante la sua carriera, Fo non ha mai avuto intenzione di diventare un attore. La vocazione teatrale, infatti, arriverà durante i suoi studi di arte ed architettura a Milano, quando inizia ad intrattenere i suoi compagni di università con farse e storie. Nobel per la Letteratura nel 1997 e conosciuto come il “sommo giullare”, l’attore e regista Dario Fo ha lasciato un’importante traccia nel teatro italiano.
Compagna di scena e di vita dal 1954 è la moglie Franca Rame, anch’ella dall’anima artistica e bizzarra. Rame nasce a Parabiago in provincia di Milano il 18 luglio 1929 e cresce in un ambiente di attori girovaghi e burattinai, che le permette fin da piccola di apprendere i segreti dell’arte dell’improvvisazione teatrale. L’attrice interpreta per la prima volta in uno spettacolo scritto da Fo nel 1953 intitolato Il dito nell’occhio. Quattro anni dopo viene fondata la compagnia Fo-Rame. Franca Rame è nota soprattutto per la sua capacità di percepire i tempi del pubblico e di interagire con esso, così da assumere l’incarico di organizzare il testo, mentre la stesura era affidata a Fo. Il debutto arriva con il testo Ladri, manichini e donne nude presso il Piccolo teatro di Milano; seguono Comica finale, Gli arcangeli non giocano a flipper e Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri.
Da non tralasciare è sicuramente la conduzione nel 1962 affidata alla coppia Fo-Rame della trasmissione televisiva di varietà Canzonissima. I due, infatti, per l’occasione portarono sul piccolo schermo sketch inerenti la mafia, le morti sul lavoro, la corruzione: temi di grande attualità, ma che all’epoca suscitarono lo scandalo dell’apparato politico- istituzionale.
Il casus belli fu uno sceneggiato in cui si ricordava l’episodio di due morti bianche in Sicilia e portò Malagodi, senatore liberale ad intervenire alla Commissione di Vigilanza sulla Televisione del Parlamento Italiano negando l’esistenza della mafia. Ad appoggiare il politico vi fu anche il cardinale di Palermo, Ruffini, che rassicurò affermando che l’organizzazione mafiosa fosse qualcosa di temporaneo.
La coppia Fo- Rame subì una censura di 16 anni, durante i quali gli artisti non ebbero la possibilità di presiedere ad alcun programma Rai. Nonostante l’assenza dal piccolo schermo, i due attori trovarono forte appoggio nel loro pubblico e solidarietà tra alcuni loro colleghi.
I testi di Fo e Rame sono caratterizzati da una forte verve critica verso le ingiustizie della società dell’epoca che, trattate con ironia, destarono non poco malumore presso la borghesia. Franca Rame e Dario Fo, infatti, vivono il clima degli anni ‘68-’69, che traspare dai loro copioni, nella maggior parte non indifferenti alle problematiche sociali. Si tratta di un’epoca segnata dallo scontro in Vietnam, dai movimenti di rivolta iniziati nel maggio del ‘68 a Parigi e dalla rivoluzione culturale cinese: una serie di eventi che ha spinto alcuni intellettuali europei ad uscire dalla logica di rapporto con il potere che avevano fino ad allora. Quest’atmosfera in Italia creò uno scontro sociale di connotazione marxista e rivoluzionaria con protagonisti gli studenti prima e gli operai poi: il collegamento tra i due gruppi fu possibile grazie alla presenza di intellettuali della sinistra italiana del Secondo Dopoguerra. Tuttavia le lotte degli operai e degli studentinon ebbero un risvolto politico, in quanto il Partito socialista non riuscì a rafforzarsi ed il Partito comunista, per la vicinanza all’Unione sovietica, non aveva la possibilità di accedere al governo.
Nonostante ciò, si ebbero alcuni cambiamenti, come l’istituzione delle regioni nel 1970 e l’approvazione della legge Fortuna-Basilini che introduceva l’istituto del divorzio. A seguire vi fu anche la liberalizzazione degli accessi alle facoltà universitarie, senza però attuare alcuna riforma nella scuola superiore e nella stessa università.
Gli artisti e gli intellettuali non rimangono indifferenti a quest’atmosfera di novità dell’autunno caldo, tanto da attuare delle rotture con la cultura tradizionale. Un esempio è sicuramente Giorgio Strehler che invia la sua lettera di dimissioni al Piccolo teatro di Milano per fondare una propria compagnia che si allontanava dai propositi dei così detti teatri-monumento. Si inaugura quindi un nuovo modo di fare teatro che assurge a mezzo per denunciare una situazione politica disagiata. Scegliere di aderire a questo tipo di teatro è una scelta consapevole, un’azione dettata dal proprio credo politico. Il duo Fo-Rame vi aderisce introducendo degli elementi personali, come il grottesco,ovvero “un atteggiamento abnorme,un artificio teatrale per smontare i meccanismi di una realtà fasulla”, come spiega l’artista. Si tratta, perciò, di un espediente che incrementa la vis critica, tormentosa e spasmodica di Dario Fo verso la società.