(AVInews) – Perugia, 14 mar. – “Il caporalato non è soltanto quel fenomeno di sfruttamento del lavoro sui campi che spesso associamo a qualche regione del Sud. Il caporalato c’è anche in Umbria e per noi va inteso in senso più ampio: ad esempio, negli appalti al massimo ribasso o nelle cooperative che danno paghe da fame ai dipendenti”. A chiarire subito la questione è Maurizio Molinari, segretario generale di Uil Umbria, intervenendo al convegno ‘#CaporALT: il caporalato è mafia’, organizzato da Adoc (Associazione difesa orientamento consumatori) Umbria, martedì 14 marzo, all’Università per stranieri di Perugia. All’iniziativa di sensibilizzazione, che si è tenuta nell’aula magna dell’ateneo, nell’ambito dell’omonimo progetto nazionale di Adoc per il contrasto a sfruttamento e caporalato, erano presenti anche gli studenti dell’Istituto ‘Patrizi – Baldelli – Cavallotti’ di Città di Castello e dell’Itet ‘Capitini’ di Perugia. “Il problema – ha proseguito Molinari – esiste anche negli enti pubblici che appaltano servizi a cooperative che pagano i dipendenti anche 400 euro in meno di un lavoratore della stessa azienda pubblica. E poi scopriamo che non c’è nessun risparmio. Parliamo di cooperative spurie che adottano contratti che ‘uccidono’ i nostri giovani, firmati da sindacati di scarsa rappresentatività. Ecco perché ci sono i giovani questa mattina. Vogliamo spiegare loro che è necessario battersi per i propri diritti”.
I lavori sono stati introdotti da Ada Girolamini, presidente di Adoc Umbria, e moderati da Donatella Miliani, viceresponsabile de La Nazione Umbria. Sono quindi intervenuti Ofelia Oliva, direttore di Adoc, Andrea Seppoloni dell’Ispettorato del lavoro di Perugia, Liana Cicchi, vicepresidente di Legacoop Umbria, e per le organizzazioni sindacali i segretari generali Daniele Marcaccioli di Uila Umbria, Stefano Paloni di Feneal Umbria e Maurizio Molinari di Uil Umbria. A trarre le conclusioni la presidente di Adoc, Anna Rea. “Siamo qui – ha affermato Rea – per sensibilizzare le persone più vulnerabili, dai migranti ai giovani. Ma occorre che le istituzioni, insieme a Guardia di finanza e ispettori del lavoro, intensifichino i controlli. Non ci possono essere giovani che per svolgere lavori competenti guadagnano 600 euro al mese. E poi si dice che non si trova forza lavoro: non è assolutamente vero. Pagate i giovani e poi ne riparliamo. E queste situazioni non accadono solo in agricoltura e in edilizia, ma anche in aziende importanti o, ad esempio, in sanità: di fronte ai vuoti in organico, le aziende si rivolgono a certe cooperative sociali, le quali prendono anche risorse pubbliche, ma poi pagano i lavoratori quattro soldi, tant’è che poi sono costretti per poter sopravvivere a fare orari assurdi e quindi offrire un servizio non di qualità”. “Anche come consumatori possiamo fare qualcosa – ha aggiunto Rea –, con la campagna ‘Voto con il portafoglio’. Attraverso l’acquisto da aziende virtuose, scegliamo prodotti che non nascondono uno sfruttamento. Il boicottaggio di quelle aziende che non hanno firmato il protocollo lanciato dal ministero contro lo sfruttamento è una legittima arma dei consumatori. Il consumatore svolge così un ruolo etico per porre freno allo sfruttamento dei più vulnerabili”.
Hanno portato i loro saluti Valerio De Cesaris, rettore dell’Università per stranieri di Perugia, Roberto Morroni, assessore alle politiche agricole della Regione Umbria, Edi Cicchi, assessore alle politiche sociali del Comune di Perugia. Erano presenti in aula anche i rappresentanti delle associazioni di categoria regionali Confagricoltura, Cia, Coldiretti e Copagri. “È importante che certe tematiche si affrontino in una sede universitaria – ha commentato il rettore De Cesaris – perché qui si fa cultura e cultura non è solo erudizione o imparare una professione, ma anche cultura della legalità e del bene comune. Offriamo ai ragazzi uno spazio di riflessione per capire i confini tra ciò che è legale e ciò che non lo è, perché dovranno essere loro i protagonisti di un cambiamento in positivo della nostra società”.