C’è tempo fino a domenica 11 giugno per poter visitare la mostra intitolata “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo”, pensata e realizzata da Marco Pierini, direttore della Galleria nazionale dell’Umbria, nella quale rimarranno esposti per ancora poco più di un mese le opere del celebre maestro Pietro di Cristoforo Vannucci detto il Perugino, una delle figure più significative del Rinascimento italiano.
La mostra è organizzata secondo un criterio cronologico che prevede che vengano poste dinnanzi al visitatore alcune tra le opere più significative della carriera artistica di Pietro Vannucci, dagli anni settanta del Quattrocento ai primi anni del Cinquecento, nel periodo in cui l’arte del pittore umbro ha rappresentato la sintesi perfetta del gusto della sua epoca.
Nelle numerose sale che compongono la mostra si cerca di dare l’idea dell’evoluzione della tecnica del ‘divin pittore’, da quando è allievo nella bottega di Andrea del Verrocchio e, sulla base degli insegnamenti del maestro, si confronta con soggetti già ampiamente utilizzati nei decenni precedenti come la “Madonna del davanzale”, fino a opere ancor più pregevoli come “L’Adorazione dei Magi”, che lo consacra ad artista di primo ordine in quel panorama culturale, per poi proseguire ancora con la pittura di un Perugino più maturo fino allo “Sposalizio della Vergine”, che non a caso è posto al termine dell’esposizione e rappresenta infatti l’apice della sua carriera artistica: in quest’opera viene rappresentato il momento dello scambio degli anelli tra la Vergine Maria e San Giuseppe con ai lati i rispettivi cortei nuziali che collaborano a creare un clima di totale serenità, suggerita anche dall’edificio sacro alle spalle degli sposi, immagine di uno spazio perfetto secondo quanto indicato da Leon Battista Alberti. I colori, la resa dello spazio e l’espressione dei personaggi sono funzionali alla resa di un’atmosfera “primaverile”, (una riproduzione del dipinto è stata tra l’altro esposta nella vetrina di una nota pasticceria locale, che ha ricostruito le figure rappresentate nell’opera con l’aiuto della pasta di zucchero).
L’esposizione è anche frutto di prestigiose collaborazioni internazionali, cosa che ha permesso il ritorno (seppur temporaneo) in Italia di alcune tra le opere più significative del pittore pievese, fra cui proprio lo “Sposalizio della Vergine”, commissionato nei primi anni del Cinquecento per la cappella del santo anello nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia e poi trafugato dalle truppe di Napoleone nel 1797, opera che oggi è custodita al Musée des Beaux-Arts di Caen.
Tra le opere temporaneamente concesse c’è anche un trittico di norma esposto alla National Gallery of art di Washington meglio noto come “trittico Galitzin”, un’opera già di per sé molto affascinante per l’esecuzione pittorica ma ancor più interessante per la storia rocambolesca che la caratterizza: “Galitzin” è infatti il cognome del principe Alexander Mikhailovich , ambasciatore russo a Roma che lo acquistò dopo le spoliazioni napoleoniche, trasferito poi in Russia il trittico entrò prima a far parte delle collezioni dell’Hermitage di San Pietroburgo per poi essere venduto in una trattativa tra Iosif Stalin e l’imprenditore statunitense A.W. Mellon, dalla cui collezione nacque il museo americano dove oggigiorno è conservato.
Se si vuole andare alla scoperta del patrimonio artistico locale e nazionale è dunque chiaro che la Galleria e i suoi tesori fanno al caso vostro.