Sono trascorsi più di due millenni dalla divulgazione della nota massima “Historia magistra vitae” che Cicerone, mentre Cesare consolidava il suo potere attraversando le sponde del Reno e sconfiggendo le diverse popolazioni germaniche, scrisse all’interno del De Oratore. Il messaggio intrinseco nella sentenza insegna che conoscere la storia è fondamentale per non commettere gli stessi errori tramandati nel tempo, e di questo ne era ampiamente a conoscenza il sommo oratore che vive la decadenza della Repubblica e la tirannide di Cesare, personaggio propenso a instaurare un potere assoluto e ad opprimere i sani valori repubblicani. Nonostante ciò non abbiamo fatto tesoro dei preziosi consigli del nostro caro Marco Tullio: periodi bui lungo il corso della storia, colmi di guerre, dittature e crisi disastrose, mostrano come i fatti si ripetano nel tempo e noi non siamo in grado di porgli rimedio.
Penserete che oggi, nel ventunesimo secolo, con rivoluzioni digitali, conquiste inaspettate e agevolazioni di ogni tipo, non sia plausibile che si verifichi un conflitto come ai tempi dell’Antica Roma. Il nostro stile di vita e la nostra emancipazione non permettono di immedesimarci a pieno in situazioni catastrofiche che non differiscono da ciò che leggiamo nei libri di storia. Attualmente sono aperte 59 guerre nel mondo, di ogni genere: da quella causata per il circolo della droga in Messico a quelle più note in Afghanistan, Siria, Palestina o Ucraina. E ancora sono presenti nello Yemen, nel Mozambico, in Pakistan e in molti altri territori di cui difficilmente si parla abbastanza. Negli ultimi mesi episodi di questo genere hanno contato milioni e milioni di vittime e rifugiati, semplici civili che hanno perso ogni diritto per la sfortuna di essere incappati in scontri, interni o tra vari stati, senza esserne colpevoli.
Nel corso di queste settimane si sono diffuse le notizie riguardo la guerra civile in Sudan, scoppiata il 15 aprile per l’ennesima volta dopo la sua indipendenza dall’Inghilterra nel 1956. Prima di raccontarvi i recenti accadimenti, è necessario dire che il Sudan è da sempre popolato da diverse etnie, culture e religioni che non sono mai andate d’accordo. Dopo svariati anni di attentati e colpi di stato, il territorio del sud è riuscito a ottenere l’indipendenza dal Sudan settentrionale con un referendum del 2011 che ha registrato il 98,8% dei votanti propensi alla secessione. Al nord si instaurò un potere centralizzato con capitale Khartoum e negli anni si sono susseguiti dittatori che mirano a imporre la propria ideologia e ad arricchirsi, non curandosi del resto della popolazione e dei loro diritti.
Nel 1989 si autoproclamò capo assoluto Omar Al Bashir con un colpo di stato che estromette il primo ministro in carica. Sotto il suo governo continua la guerra nel Darfur, regione occidentale del paese, che in particolare vede il suo apice tra il 2003 e il 2009, quando Al Bashir invia le milizie janjawid per reprimere i rivoltosi. Dall’etimologia araba “janjawid” significa “demone a cavallo”, sono milizie tribali che hanno seminato il terrore con massacri, stupri e genocidi, non solo durante la lotta nel Darfur ma anche nella lotta civile in Libia e in altri paesi. Solo loro hanno sterminato almeno 200 mila sudanesi e ne hanno fatti scappare più di 2 milioni.
Il loro capo è Mohamed Hamdan Dagalo Hemitti, uno dei due protagonisti dell’attuale colpo di stato e precedentemente braccio armato di Al Bashir fino alla sua deposizione. Nel 2019, dopo molte proteste del popolo e ulteriori attacchi al governo, Al Bashir si dimette grazie all’intervento delle forze militari e si afferma un’amministrazione transitoria che cerca di civilizzare il paese e tutelare i cittadini. Nel 2021 un altro golpe fa salire al potere il presidente in carica Al-Burhan che con l’aiuto del comandante dei janjawid, Hemitti, caccia ogni rappresentanza democratica. Fino a poco tempo fa Al Burhan e Hemitti hanno controllato il Sudan spartendosi i territori: Al Burhan come capo del governo e detentore del potere delle forze armate nazionali e Hemitti come vicepresidente e generale delle Forze di Intervento Rapido (nuovo nome dell’esercito janjawid). La loro alleanza è solo una convenzione, infatti lo scorso dicembre il presidente Al Burhan ha proposto un accordo per insediare un governo civile che presuppone l’integrazione degli uomini di Hemitti all’interno delle forze armate capeggiate da Al Burhan stesso. Questa è una delle principali motivazioni dello scontro tra i due: Hemitti vuole mantenere la propria autonomia all’interno dell’esercito e ha affermato pubblicamente che il colpo di stato del 2021, insieme a Burhan, sia stato un errore. Allo stesso tempo i sostenitori di Burhan hanno accusato Hemitti di essere un criminale e il conflitto non si è più fermato.
A livello sociale entrambi ricevono consensi da parte del popolo, Hemitti è supportato principalmente nei luoghi rurali, mentre Al Burhan è sostenuto dagli abitanti delle città. La guerra ha anche attirato gli interessi di forze esterne come la “Wagner”, un gruppo di paramilitari russi che è molto attivo in Africa e che ha contrattato con Hemitti fornendo addestramento e intelligence alle sue truppe. Secondo alcuni i mecenati russi sono stati sollecitati ad aiutare Hemitti per le sue ingenti miniere d’oro (il Sudan è decimo al mondo per la produzione ed esportazione di questo minerale) ed è accertato che ci fossero già stati rapporti tra i due. è infatti probabile che allo scoppio della guerra in Ucraina Hemitti si trovasse in Russia per discutere della costruzione di una base militare russa nei pressi di Port Sudan. La Wagner si è anche incontrata con Al Burhan, ma notizie frammentarie non ci permettono di stabilire bene quale sia la sua posizione rispetto alle due parti. Inoltre la questione interna non è passata inosservata neanche agli occhi delle potenze confinanti che vedono nel Sudan un territorio strategico perché dispone a sud di uno sbocco sul mare per esportare le materie prime, condivide con l’Egitto l’accesso al Mar Rosso ed è uno dei principali punti di partenza di flussi migratori verso la Libia.
In questo momento le ultime notizie annunciano una tregua prorogata dall’ONU di 72 ore in attesa di futuri avvenimenti. Sono poco certe le previsioni riguardo lo svolgimento di questo conflitto, ma sicuramente non volgerà a favore dei civili che soffrono per l’avidità di potere di due che avrebbero bisogno non solo di leggere ciò che diceva Cicerone, ma di ripassarsi millenni di storia per capire che una politica del genere non conduce a nessun miglioramento sotto nessun punto di vista.