Ad oggi, soprattutto per i più giovani (ma anche per le persone più anziane), è inimmaginabile una vita lontano dagli schermi che ogni giorno ci intrattengono e distraggono nei momenti di solitudine o di noia: attenzione, questo non va preso come oro colato. Infatti la funzione psicologica di telefoni e televisori si rivela spesso e volentieri più subdola e plagiatoria di quanto essa non possa apparire. Soffocando qualsiasi momento di solitudine, che permette di riflettere su se stessi e su quello che ci circonda, si elude lo sviluppo di una propria coscienza e di una propria prospettiva nei confronti della società e del circostante. Ma in che modo gli “schermi” sono dannosi in questo?
Il telefono è visto dai giovani non come una possibilità di ampliamento delle proprie conoscenze (cosa per il quale internet può essere una grandissima risorsa) ma bensì di distrazione e passatempo che porta ad una generale superficialità ed erudizione della complessità sociale, complice di una sempre più evidente diminuzione della diversificazione dei pensieri che dovrebbero essere unici proprio perché estrapolati nei momenti riflessivi in cui un uomo, ritrovandosi in un clima silenzioso, può ragionare su quanto vede e apprende. La creazione di internet è sicuramente una grande possibilità per la società, ma forse proprio la rapidità e la quantità di notizie che arrivano fanno sì che tutti conoscano ciò che succede nel mondo, senza però ragionare e analizzare le notizie e le informazioni percepiti. Con la continua necessità compulsiva, sviluppatosi con i social, di aggiornare la pagina Instagram e Tik Tok si rischia di rimanere “frastornati” da quello che è un vero e proprio bombardamento di immagini e suoni, che non portano altro che ad essere più confusi di quanto lo si era prima di aprire lo smartphone.
Un tempo, col giornale cartaceo si aveva tutta la giornata per leggere approfonditamente le pagine di informazione e cronaca per poi avere il tempo restante della giornata in cui riflettere su quanto letto, mentre ora, se succede qualcosa in qualche parte dall’altra parte del Globo, lo si viene a scoprire 15 minuti dopo facendo si che questo “sovraffollamento” di informazioni crei la situazione paradossale per cui avendo sempre più notizie, sappiamo sempre di meno su ciò che ci succede. Leggiamo centinaia di post senza soffermarci alla veridicità, profondità o sensatezza di quello che leggiamo, lasciandoci prendere dalla quantità di input che ci forniscono tali strumenti. Questa è dunque la prova che per quanto possano evolversi i processi dei computer per elaborare sempre più informazioni con maggiore rapidità, la mente umana ha bisogno dei suoi tempi per poter sviluppare quello che i mezzi informatici non avranno mai, una coscienza. È così che emerge l’incompatibilità dell’uomo a quest’uso sbagliato e nocivo del web.