Austerlitz fu a suo tempo una battaglia che cambiò il modo d’intendere la strategia e la guerra. Il 2 dicembre 1805 senza errore alcuno, furono ancora i reggimenti, cannoni e baionette a cambiare la Storia d’Europa. Oggi l’IA potrebbe prenderne il posto (con non pochi dubbi e perplessità) operando una trasformazione epocale tra l’uomo e la sua relazione con le macchine: il sole è lo stesso ma i risultati?

Se la guerra fosse combattuta come nei film non ve ne sarebbe più bisogno. Parlare ancora oggi della celeberrima frase di Napoleone nella battaglia omonima, per di più con un probabile colossal fresco d’uscita sembrerebbe azzardato. Tutti sappiamo cosa significhi: il raggiungimento della vittoria senza alcun errore; l’opera perfetta, ineguagliabile ed elegante che lascia chiunque di stucco. Per ottenere una vittoria di questo tipo occorre comprendere la strategia retrostante e, soprattutto, individuare il cosiddetto End State (ossia ciò che in strategia è definibile come la situazione politica o militare per la quale l’operazione riesce ad avere successo) conosciuto anche come centro di gravità (“Della Guerra” C. von Clausewitz, cap. XVII libro VI).

Il termine strategia deriva dal greco antico strategòs -colui che guida- e sta a significare la branca dell’arte militare che prepara le varie operazioni belliche -e non solo- in vista dello scopo (il quale può essere politico o militare) della guerra. Sin dall’alba dei tempi l’uomo ha avuto a che fare con tale approccio per raggiungere i propri obiettivi e molto spesso ciò è andato cambiando in relazione all’end state -per usare la terminologia adeguata- ricercato, ma mai in fatto di processo decisionale. In Cina la metodologia strategica e di pianificazione era già stata utilizzata da importanti comandanti come Sun-Tzu e Sun-Bin (entrambi coevi, VI-IV sec. a.C.) grazie al contributo dato dal Taoismo, ma in Europa la prima messa a punto non si ebbe almeno fino alla Guerra di Corea (1950-’53) quando l’allora aviatore e tenente colonnello statunitense John Boyd (1927-1997) illustrò per la prima volta il suo OODA loop. L’OODA loop sta ad indicare l’intero processo decisionale effettuato dall’individuo in vista di uno scopo e del suo raggiungimento. Si compone di quattro fasi interconnesse (osservazione, orientamento, decisione, azione) ma distinte tra loro che, se vittime di errore frustreranno l’esito dell’intero procedimento: prima si fa l’errore e meno probabilità ci saranno di avere successo poiché sempre si avrà un ritardo nei confronti di un avversario. Tale modus operandi è rimasto in vigore dall’antichità sino agli anni ’80 inoltrati. La strategia rimase per molto tempo qualcosa di studiabile, tangibile, e applicabile pur nella sua inconsistenza teorica.

L’arrivo dell’IA e della sua regolamentazione, peraltro avvenuta solo tra il 2015 e il 2016 causa scandali sulla privacy e non solo, ha cambiato radicalmente il modo di vedere la disciplina e, in fondo anche noi stessi. E così è sorto il concetto di guerra/strategia asimmetrica che oltre alla sua accezione tattica fatta di guerriglia, attori non statali (terroristi, ribelli, milizie paramilitari etc.), ha comportato l’uso della cyber warfare -guerra cibernetica- compiuta attraverso metodi non convenzionali, principalmente ad alta tecnologia con lo scopo di neutralizzare i sistemi di difesa nemici e distruggerli ancor prima che essi possano entrare in funzione (in questo la dottrina bellica russa Gerasimov, la fa da padrone) creando anche dibattito nel Diritto Internazionale sulla liceità o meno del suo impiego. Ufficialmente l’IA nacque nel 1955 con l’esperimento di Alan Turing, famoso informatico e agente segreto dell’MI6 britannico, dove si voleva creare un sistema tecnologico che rispecchiasse le doti intellettuali proprie dell’essere umano. Successivamente sino agli anni ’80 gli studi sul campo sono andati sviluppandosi ed è coincidendo con l’avvento del WWW -World Wide Web- che tutto è cambiato. A seguito del suo impiego massiccio nella Cina post 1994 e del suo export in Occidente gli esperti si sono più volte chiesti se, a fronte di un gigante geopolitico-geoeconomico sempre più influente, il suo utilizzo sia benefico o meno (senza escludere nessun campo d’azione). Tralasciando il caso cinese nella sua interezza, è il 2022 l’anno di svolta vero e proprio dove app come ChatGPT fanno il loro ingresso ufficialmente nel mondo delle telecomunicazioni&Co.

ChatGPT&Co. Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio

App uscita nel 2022 rappresenta insieme a Midjourney, Descript o Mubert l’esempio più classico e conosciuto del suo genere. Il suo compito è riassumibile nel rispondere a varie domande più o meno serie scrivendo delle risposte. Si tratta di un sistema informatico che risente delle info dategli dal creatore, il quale nonostante l’utilità (dipendendo dal settore d’impiego) può andare incontro a due fenomeni in particolare: allucinazioni -vale a dire “svarioni” informativi nonostante la precisione della richiesta sia dal punto di vista linguistico che del contesto in cui è stata formulata, e quello ben più pericoloso dei bias cognitivi, dove le info ricevute sono in realtà selette da un gruppo di persone risultandone influenzate. Nello specifico quest’ultimo risulta di grande attualità se parliamo dello scontro Cina-Usa e delle dinamiche di potere che ne conseguono. La domanda che viene spontanea è: come ovviare al problema? Sicuramente la prima cosa da fare è distinguere il dato dalla informazione, in cui il primo è qualcosa di decontestualizzato, mentre l’informazione è qualcosa di utilizzabile per dare contesto al dato. L’altra cosa importante è combinare l’utilizzo dei diversi tipi di IA (di cui ChatGPT è solo un piccolo sottoinsieme) tra cui quelle che verificano l’accuratezza e veridicità delle informazioni limitandone, dove è possibile, gli errori.

Nemico in vista o forse no…

Nel mondo militare invece la questione è molto più complessa. L’IA è in uso in settori chiave quali robotica militare, cyber security, localizzazione delle mine sottomarine e simili, big data. Lo sviluppo tecnologico sempre più grande e la maggiore efficienza dei sistemi di offesa/difesa pongono alcuni interrogativi fondamentali: l’organizzazione delle FF.AA ne risentirà oppure? Quanto sarà il costo complessivo? Sarà possibile limitare le perdite militari in primis e civili? L’addestramento dovrà cambiare e di quanto? Domande queste, che ieri sembravano fantascienza e che al contrario, oggi sono a un passo dalla realtà. Al giorno d’oggi stando alla situazione attuale, due cose sono certe: la frase latina –si vis pacem para bellum-, una delle massime del pensiero realista delle Relazioni Internazionali -vince sempre chi arriva per primo- e la frase di Alessandro Manzoni sul progresso –non per forza ciò che viene dopo è progresso– mentre un’ulteriore questione, forse un po’in penombra, ritorna prepotentemente: come si può vincere una guerra o starne pronti se, il nemico non assume alcuna forma? –Il Vuoto non è la mancanza di qualcosa ma il nulla, ossia la Non Forma. La Forma si può colpire, la Non Forma no-. Se alla guerra, avventura senza garanzie, occorre stare comunque pronti, forse fare guerra alla guerra (soprattutto se cibernetica) è il modo migliore per cercare di evitarla.