Dall’avvento di Mario Draghi a palazzo Chigi (13 febbraio 2021),l’Italia ha cambiato completamente postura all’interno dell’alleanza atlantica.”Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’alleanza atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali ,a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori”. Così si pronunciò l’ex presidente della BCE nel suo discorso d’insediamento alle Camere. Negli ultimi anni il Bel Paese aveva assunto una posizione sempre più ambigua, spostandosi sempre di più verso Est. Con il passare degli anni abbiamo accresciuto la nostra dipendenza energetica dalla Russia, sfiorando il 40% del nostro fabbisogno nazionale. Ma la nostra permanenza nella Nato, e nel sistema delle democrazie occidentali, non sono mai state così in discussione come nei governi Conte. Nel 2019 l’Italia è stata il primo paese del G7 ad aderire alla Belt and Road Initiative (la nuova Via della Seta). Un progetto di espansionismo economico e geopolitico della Cina, nato nel 2013 ,finalizzato alla costruzione di infrastrutture nei vari paesi firmatari, nel tentativo di incrementare l’influenza del Dragone nel resto del mondo.
Da Draghi a Meloni:credibilità all’interno delle alleanze e interesse nazionale
Con l’autorevolezza di Draghi, già presidente della BCE e governatore della Banca d’Italia, l’Italia ha acquisito credibilità all’interno dello scacchiere euro-atlantico. Posizione corroborata dal sostegno assertivo dell’Italia all’Ucraina, mostrando una risolutezza sconosciuta nella politica estera del nostro paese. L’attuale esecutivo, guidato da Giorgia Meloni, ha operato in continuità nei confronti del sostegno a Kiev, dimostrandosi un’alleata affidabile agli occhi di Washington. L’obbiettivo italiano è quello di costruire un triangolo strategico con Londra e Varsavia, contraddistinte da una ossequiosa fedeltà atlantica, in modo da essere i principali interlocutori in Europa degli Stati Uniti, sostituendo l’inaffidabile duo Franco-Tedesco recalcitrante a una totale subalternità a Washington. Così facendo l’Italia potrebbe coinvolgere gli alleati ad occuparsi del Mediterraneo allargato, quadrante strategico di vitale importanza per l’Italia, abbandonato progressivamente dagli States e consegnato a Russia, Cina e Turchia.
Italia nell’Indo-Pacifico
Dal celebre “pivot to Asia” di un decennio fa, pronunciato dall’allora segretario di stato Hilary Clinton, la strategia degli USA è chiara. La regione dell’Indo-Pacifico è strategicamente rilevante per bilanciare la potenza egemone (la Cina) e contenerla difendendo gli alleati asiatici sempre più preoccupati dall’aggressività del Dragone. L’Italia, ribellandosi al suo appiattimento e alla sua irrilevanza strategica, per la prima volta parteciperà a una esercitazione nelle acque degli Oceani indiano e pacifico congiunta con gli Stati Uniti. Il nostro interesse nella regione è stato confermato nell’incontro tra il nostro Premier e quello indiano Narendra Modi, tenutosi lo scorso 2 marzo a Nuova Delhi, dove l’Italia e l’India hanno firmato un patto di Bilaterale per la Difesa. L’accordo, come riferisce il sito Analisi Difesa, prevede“esercitazioni e corsi di formazione congiunti tra le rispettive forze armate”, nonché “opportunità di sviluppo nella produzione di sistemi”, con vantaggi per gruppi italiani come Leonardo, Fincantieri ed Elettronica, per citare solo i principali. Si apre così uno spiraglio per l’Italia, aperto dall’equilibrismo macroniano, nel tentativo di porsi come serio e affidabile alleato degli USA, che vorrebbero trasbordare la Nato nell’Indo-Pacifico, rafforzando la collaborazione con i membri del Quad (India, Giappone, Australia) intenti a creare una grande coalizione in grado di proteggere gli alleati regionali e il sogno proibito cinese:Taiwan.