“C’era una volta in un regno lontano”, così iniziano le fiabe per bambini. Ma pochi sanno che prima della reinterpretazione in chiave Disney, le favole non erano così carine ed amorevoli: le sorellastre di Cenerentola per infilare la scarpetta (troppo piccola) di cristallo, si tranciano le dita dei piedi, e gran finale, entrambe finivano con gli occhi cavati dagli uccelli. Così come Riccioli d’Oro, che veniva uccisa dagli orsi, o ancora, il lupo cattivo che faceva mangiare dei pezzi di nonna a Cappuccetto Rosso, prima di farla coricare a letto per mangiarla, nuda. Vi risparmio la versione di Basile della Bella Addormentata, direi che come incipit può bastare quanto scritto. Ma dovevo essere crudo, schietto, senza quel velo ridicolo di buonismo che tanto piace ai maghi e cavalieri dei Reami, che un numero di magia dopo l’altro, tessono la narrazione del Regno,che in tempi di guerra, dividono le fazioni belliche in buoni e cattivi. Non ci interessano i reali motivi per cui si combatte, ne le reali azioni compiute dai protagonisti, tantomeno le cause scatenanti. Nelle favole di un tempo esistono sempre le stesse figure: un imperatore pazzo (che spesso pazzo non è), gli eroi senza macchia e senza paura, qualcuno da salvare. Dal Grande Palazzo gli ordini sono chiari: i cantastorie devono intrattenere la sudditanza, mentre questa si lamenta che il prezzo del fieno per i cavalli è aumentato, ma di notte, nelle taverne, viene offerto loro del vino e dei biglietti omaggio, affinché il giorno dopo, possa essere tutto dimenticato. Ci sono addirittura favole, dove esistono battaglie in cui tutti perdono, o meglio, le popolazioni perdono, con i loro villaggi bruciati, le terre perse, gli uomini uccisi e ammassati da una parte, le donne stuprate, i bambini venduti come pezzi di ricambio. E mentre la guerra infuoca le lande gelide dei Monti Innevati, mentre il Regno crea i pomi delle varie discordie, atte al consenso dell’indignazione, tramite auto-sabotaggi e finte vittorie di riconquista, incoronando viscidi uomini, burattini schiavi dei loro padroni, erigendoli a falsi miti e difensori del popolo, la gente continua a morire. Muoiono in silenzio, senza che nessuno se ne curi. In terra nostra basta appendere la bandiera di un’altro Principato alle porte della città che la coscienza viene lavata, mentre i buoni, nel silenzio più totale, creano lance e catapulte che vendono alle Terre di Mezzo, cosicché gli intermediari possano acquistarle per conto dei cattivi, per uccidere i buoni, ai quali a loro volta, il nostro Re ha venduto gli scarti difettosi di quelle lance e catapulte. La guerra deve durare il più lungo possibile. A nessuno importa del risultato, anzi, gli accordi sono già stati presi, e quando i buoni perderanno, perché questa sarà la loro tragica sorte, abbandonati da chi li ha spinti verso il massacro, i cantastorie tesseranno lodi ai caduti e spiegheranno ai sudditi del Reame, che la più grande vittoria è stata quella di avere arrestato l’avanzata degli antagonisti, in un territorio che storicamente già gli apparteneva. Quindi udite signore e signori: converrete con me che ogni giorno sia il giorno dei perdenti? Ma non prendete neanche questo racconto troppo sul serio, in fin dei conti, vi sto raccontando solo l’ennesima favola, cruda e originale, prima dell’arrivo di Walt Disney. Così fu scritto da Jacopo Andrea Fagioli.
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