Come spesso sentiamo dire riguardo molte tradizioni, anche quelle culinarie si stanno sempre più affievolendo tra le nuove generazioni, che generalmente rimpiazzano piatti genuini e dalla lunga preparazione con piatti più comuni e veloci. Fortunatamente in Umbria troviamo un’alta percentuale di persone, soprattutto tra le nonne e i nonni, legate alla cucina tradizionale e impegnate a tramandere antiche ricette che costituiscono un patrimonio di cui il piatto di cui andremo a parlare oggi ne è un componente. Tra l’altopiano amerino e i fitti boschi tuderti nasce la celebra palomba cucita con il metodo della ghiotta. Agli occhi della società odierna, alcuni ritengono malsano mangiare tale volatile, dato che si associa per fisionomia al piccione, ritenuto portatore di malattie pericolosissime ed incurabili tramite i propri escrementi. La palomba è cacciata nei territori umbri sin dal Medioevo e questi animali vivono a contatto con la natura cibandosi solo di ciò che gli ha da offrire l’ambiante, andando così a formare una carne saporita e completamente “bio”, a differenza dei piccioni di città troppo spesso portatori di virus. L’uccello ottenuto dalla battuta di caccia viene sin da subito “spennato” con la massima accuratezza per non danneggiare la pelle fragililissima, eviscerato e infine lavato. Le palombe vengono cotte allo spiedo davanti ad un allegro fuoco, mentre sotto l’arrosto verrà posizionato un apposito contenitore chiamato in gergo “ghiottiera” (fatto di rame nella tradizione tuderte, di terracotta in quella amerina) per il recupero dei liquidi di cottura, successivamente riutilizzati per arricchire l’armonia dei sapori. Nella “ghiottiera” vengono messe le interiora, olive, capperi, rosmarino, salvia, limone, pepe in grani, sale e infine, se la battuta di caccia lo ha permesso ed è stata fortunata, anche tordi o merli ben cotti. Il tempo sul fuoco per le palombe non deve mai superare i 60 min (45 min ottimali), per poi essere tolte dal fuoco, tagliate a quarti e lasciate bollire con un aggiunta di vino rosso insieme al contenuto della “ghiottiera”, chiamasi “ghiotta” (da cui prende il nome). Quando la carne dei volatili si sarà ammorbidita, si separano dall’intingolo e si macina finemente tutto il resto con lo scopo di creare una crema saporita e omogenea. Si servono bollenti su pane caldo tostato, ricoperte da una buona dose di ghiotta. Sembrerà un piatto alquanto strano ma fareste meglio a provarlo prima di giudicare. Buon appetito.