Mi soffermo nel ricordo di una vecchia, ma non troppo, tradizione contadina particolarmente sentita nel nostro territorio Umbro. Uno dei momenti più attesi dell’anno, L’uccisione del maiale all’epoca corrispondeva ad un evento di festa dove l’intero nucleo familiare collabora per far fruttare l’impegno e la fatica dedicati all’ allevamento dell’animale. La pratica era solitamente svolta nei giorni più freddi dell’anno in particolare nei pressi dell’epifania il 6 gennaio. Oggigiorno l’argomento può sembrarci molto lontano, al contrario si parla di 50/60 anni fa, periodo vissuto a pieno dai nostri genitori o nonni da cui possiamo trarre testimonianze a riguardo. Nulla ha a che fare con la nostra quotidiana comodità di poter andare al supermercato a comprare carne ed avere la possibilità di conservarla in congelatore. Nella realtà contadina nulla era comodo ed il maiale era una delle più grandi risorse dato che come si suol dire tra la plebe “del maiale non si butta niente “. Alla faccia degli sprechi! Si produceva la carne, il grasso, il sapone e la coppa con gli scarti. La carne non possedendo mezzi di refrigerazione veniva conservata tramite stagionatura per essiccazione, utilizzando coperture di grasso o in contenitori ermetici di vetro riempiti con olio d’oliva. Il sapone invece era ottenuto bollendo in grossi calderoni ossa, pelle , grasso e piccoli scarti ed a fine cottura veniva aggiunta soda caustica; solidifica e si formava un unico blocco pronto per essere tagliato ed usato per ogni tipo di pulizia da quella personale a quella di superfici ed indumenti. Il grasso o lardo (strutto) veniva impiegato in ambito culinario al posto del burro e per conservare alimenti. Infine “La coppa”, l’ultimo affronto allo spreco odierno, preparata con gli ultimi brandelli di carne rimasti sull’osso ormai spolpato e strisce di pelle eccessivamente dure per essere mangiate. Veniva bollito il tutto per diverse ore poi insaporita con pepe e spezie rupestri poi insaccata. Tuttora numerose famiglie nei nostri territori praticano ancora certe tradizioni ma vi sono opinioni contrastanti riguardo alle seguenti attività, reputate da chi non ha mai vissuto tale esperienza un gesto barbaro nei confronti dell’animale. Contrariamente a come si pensa il maiale è allevato allo stato brado libero di muoversi e di mangiare i prodotti spontanei della terra come radici e ghiande. Con l’enorme resa al macello si limitano gli sprechi alimentari che ad oggi attanagliano la società oramai troppo irrispettosa ed abituata al consumo eccessivo anche dove non è necessario, le pratiche anche se del passato ci infondono quindi l’ideale dell’impegno e dell’umiltà facendoci apprezzare ciò che abbiamo prodotto con le nostre mani. Specialmente nella zona di Norcia la trasformazione delle carni del maiale divenne un’arte che prese il nome di norcineria origine della produzione di prodotti invidiati in tutto il mondo e fonte di fiorente Turismo culinario. Le tradizioni sono tramandate da generazione in generazione e la perdita di tali usanze sarebbe un’offesa verso i nostri antenati, quindi perché farle scomparire ma tutt’altro è bene recuperarle e fare di loro il nostro punto di forza che ci distingue e caratterizza da tutte le altre regioni d’Italia.