Immanuel Kant era solito uscire dalla sua umile abitazione per passeggiare per le strade di Königsberg (cittadina della Prussia orientale in cui nacque, visse e morì) alle 15.30 in punto; tanto che si dice che i suoi concittadini regolassero gli orologi sulla base dell’orario in cui il filosofo varcava l’uscio di casa.
Giacomo Leopardi era un uomo estremamente goloso, adorava il gelato e ogni sorta di dolciume. Antonio Ranieri, suo strettissimo amico e grande stimatore, racconta nel libro “Notizia intorno agli scritti, alla vita ed ai costumi di Giacomo Leopardi” (1857) che il poeta avesse espresso come ultimo desiderio in punto di morte, quello di avere un gelato. In linea rispetto a ciò, è curioso considerare che alcuni studiosi credono che il motivo che portò il poeta alla morte fu un’indigestione di confetti. Ci è giunta infatti notizia che il 13 Giugno 1837, giorno dell’onomastico di Antonio Ranieri, Leopardi avesse fatto una scorpacciata così grande di confetti (circa un chilo e mezzo!) che morì il giorno seguente a causa di un coma diabetico.
Sembra che Alessandro Manzoni, invece, fosse affetto da una grave forma di agorafobia, ossia la paura dei posti affollati. In realtà soffriva di numerose nevrosi che limitarono significativamente la sua vita sociale. Alcune fonti aneddotiche sostengono però che a causa del prima attacco di agorafobia, sopraggiunto durante la celebrazione delle nozze di Napoleone e Maria Luisa D’Austria, il poeta si convertì al cattolicesimo. Il popolo riempiva le strade e furono sparati alcuni petardi che misero agitazione e scompiglio nella folla ed in particolare terrorizzarono Manzoni che cercò riparo all’interno di una chiesa; in questo contento si dice avvenne la conversione del poeta al Cattolicesimo.
Con questi curiosi aneddoti mi piacerebbe riflettere sulla distanza che spesso percepiamo tra noi e gli autori di cui leggiamo gli scritti o osserviamo le opere. Sembrano donne e uomini irraggiungibili e ineguagliabili nella grandezza del loro pensiero ma, benché essi abbiamo dato un contributo enorme allo sviluppo del pensiero occidentale e siano delle pietre miliari del pensiero contemporaneo, sia Kant, sia Leopardi, sia Manzoni erano uomini esattamente come noi. Qualsiasi poeta, intellettuale, filosofo, compositore di allora e di oggi è in primis una persona che convive con le proprie insicurezze, cerca una propria strada, combatte con i propri vizi e difetti e cerca le proprie virtù. Dovremmo smettere di considerare i Grandi dell’arte degli estranei o per dirla in termini nietzschiani degli “oltre-uomini”. Essi hanno il merito di aver avuto la capacità di lasciare impresso nella storia dell’umanità un’espressione ancora attuale di umanità attraverso scritti, componimenti, dipinti ecc…
Leopardi, ad esempio, non parla nei suoi scritti di doti soprannaturali bensì parla di sentimenti estremamente umani come l’eterna insoddisfazione, la nostra tristezza nel crescere e perdere tutta l’innocenza e serenità dell’infanzia, la tensione verso i limiti e la smaniosa necessità di valicarli. Leopardi ci parla di noi e della nostra umanità, lascia per iscritto in modo magistrale sentimenti più che umani abbracciandoci e facendoci sentire compresi ogni volta che apprezziamo un suo scritto. Sta qui tutto il grande valore della letteratura e dell’arte di tutti i tempi: poter leggere testimonianze di sempiterni umani sentimenti e poter dunque apprezzare parti della nostra essenza a volte occulte e recondite.