L’ambiente che ci circonda è minacciato ogni giorno da sempre più numerosi fenomeni come l’inquinamento dell’aria che respiriamo, la deforestazione, il riscaldamento globale con il conseguente sciogliemento dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare. Ci sono però dei piccoli insetti appartenenti all’ordine degli imenotteri che con la loro scomparsa potrebbero stravolgere totalmente le nostre vite: le Api. Infatti, secondo Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, proprio queste permettono la sopravvivenza di circa il 75% della frutta e verdura che arriva nelle nostre tavole anche grazie all’incessante lavoro di questi piccoli animaletti, da sempre considerati simbolo di operosità. Anche le stime della FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ci fa sapere che delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % dei cibi di tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api. Ma quindi cosa svolgono di così fondamentale?

L’attività più determinante è la celebre impollinazione, che consiste nel trasporto del polline maschile dalla parte maschile a quella femminile dell’apparato riproduttivo della stessa pianta o di piante diverse. Quando questa avviene tra piante differenti si parla di impollinazione incrociata. Essendo la fecondazione tra due organismi distanti non sarebbe possibile una riproduzione senza degli agenti esterni che riescano a portare il polline a destinazione. Tra questi agenti troviamo il vento, l’acqua e la gravità terrestre, ma le api hanno particolare importanza per la mole di lavoro riescono a compiere. Infatti un solo individuo visita circa 7000 fiori in un giorno, cioè un numero tale da ridurre l’aspettativa di vita a circa 30-50 giorni nei mesi primaverili, in cui la raccolta del nettare è maggiore data la fioritura di molti fiori.

La conseguenza di una buona impollinazione è una qualità di frutta e verdura migliore, un aumento dei raccolti del 24% e soprattutto il mantenimento della biodiversità. Una serie di fattori che, se venissero meno, stravolgerebbero il mondo che conosciamo e tutto ciò con la nostra complicità. Infatti la diminuzione costante di api è dovuta sia ai cambiamenti climatici in atto che all’intervento dell’uomo, in special modo gli insetticidi. Tra questi troviamo quelli del gruppo chimico dei piretroidi, degli organofosfati e dei neonicotinoidi, che nonostante siano usati in minori quantità rispetto i precedenti pesticidi e siano meno tossici per l’uomo, si dimostrano molto più letali per le api. Il risultato è un disastro totale sul piano biologico: Negli ultimi 10 anni gli impollinatori sono sempre meno e le loro vite sono sempre più brevi.

Per evitare anche solo la possibilità di una così pesante estinzione l’UE negli ultimi anni è corsa ai ripari con una serie di disposizioni come “non effettuare nel periodo della fioritura trattamenti fitosanitari con insetticidi e altre sostanze tossiche per le api, di predisporre un elenco di prodotti fitosanitari consigliati per la corretta difesa in prefioritura e di favorire una produzione agricola sostenibile che salvaguardi la biodiversità̀”. Il culmine lo si è avuto nel 2018 quando la Commissione europea ha deciso di vietare 3 tra i neonicotinoidi più usati ( imidacloprid e clothianidin, fabbricati da Bayer, e thiamethoxam di Syngenta-Chemhina). L’ultima novità c’è stata il gennaio di quest’anno con il “Nuovo accordo per gli impollinatori” presentato dalla commissione Ue che prevede, oltre a ulteriori metodi di test per determinare la tossicità dei pesticidi e una rete di corridoi ecologici, una strategia di mappatura delle aree-chiave volta migliorare la conoscenza delle cause e delle conseguenze del declino delle popolazioni di insetti impollinatori entro il 2025, che purtroppo sta proseguendo.

Tutte belle proposte che necessitano di concretizzarsi e dimostrarsi fruttuose se vorremo continuare a nutrirci non solo del buonissimo miele, ma della maggior parte degli alimenti che riempono le nostre tavole.