Lo zucchero ha attraversato millenni, ha conosciuto centinaia di popoli e altrettante modalità di coltivazione, fino ad arrivare ad un mondo, quello odierno, in cui la meccanizzazione dell’agricoltura ha sicuramente soppiantato le antiche tradizioni legate a questa coltura, ma non di certo le frequenze d’uso e la bontà di quelle pietanze a base di esso.

La canna da zucchero venne coltivata sin dall’antichità nella Nuova Guinea, per poi migrare verso le Nuove Ebridi, la Nuova Caledonia e le Isole Figi. Arrivò sino in Cina e in India probabilmente portata dai Polinesiani. Le tecniche di lavorazione per l’estrazione dello zucchero grezzo cominciarono a svilupparsi intorno al 500 a.C Verso il 510 a.C., i Persiani di Dario impararono a coltivarla per poi esportarla in tutto il Medio Oriente. Dalla coltivazione di questo vegetale riuscivano a ricavare una sostanza densa e appiccicosa, che, se lasciata asciugare su larghe foglie, si trasformava in preziosi cristalli. Un’antica leggenda narra che fu Alessandro Magno a portare nel III secolo a.C in Europa questo vegetale. L’attestazione risale a Neardo, generale di Alessandro che di ritorno dall’India scrive così in riferimento allo zucchero: “Vi è un giunco che stilla senza bisogno di api e dal quale si estrae una bevanda inebriante nonostante non produca frutti”. Nel VII secolo gli Arabi acclimatarono la canna da zucchero nei paesi mediterranei. E’ così che la canna si impiantò fino alla Valle del Nilo e in Palestina.
Sotto la loro influenza la canna arrivò molto presto in Siria, in tutta l’Africa del nord, a Cipro, Rodi, alle Isole Baleari e infine nella Spagna meridionale. Nella Roma del I secolo a.C autori come Plinio, Dioscoride e Galeno parlarono nelle loro opere dello zucchero, affibbiandogli molte proprietà terapeutiche e officinali. La loro idea si basava sulla teoria degli umori di Ippocrate che riteneva il benessere di corpo e spirito dipendente dall’equilibrio di quattro umori: caldo, freddo, secco, umido. Lo zucchero risultava sia umido sia caldo e per queste caratteristiche aveva funzione diuretica, digestiva ed era una manna dal cielo per i problemi polmonari. Anche successivamente addirittura nel XIII secolo un medico spagnolo, Arnaldo Da Villanova elaborò una soluzione benefica a base di sciroppo di zucchero chiarificato con albume.

In Europa, iniziò ad impiantarsi la tradizione della coltivazione della canna da zucchero solo a partire dall’anno 1000, con l’inizio delle crociate. Infatti nel 1099 i crociati giunti in Terra Santa per liberarla rimasero estasiati dalle pianure colme di canne da zucchero che quelli denominarono “canne piene di miele”. Grazie ai crociati la coltivazione di questo vegetale si estese in tutta l’Europa cristiana sotto la denominazione araba “sokkarpropriamente “zucchero”. Addirittura, Federico II di Svevia ne introdusse la coltivazione nel suo regno, soprattutto in Sicilia. Durante il medioevo, lo zucchero era un alimento raro, costoso e venduto principalmente nelle farmacie, proprio perché inizialmente ritenuto un medicinale benefico. Inoltre in Europa era ancora diffusissimo l’uso del miele d’api e di altri dolcificanti come il miele di datteri e il mosto. L’uso dello zucchero venne introdotto gradualmente nelle cucine di allora, mescolato con il miele e soprattutto nelle pietanze a base di carne e pesce e nelle salse per conferire un gusto agrodolce. Piatto tipico del tempo era il “Biancomangiare” composto da petto di pollo o di gallina, latte di mandorla, zucchero e farina di riso, successivamente aromatizzato con fiori d’arancio. Lo zucchero, da quel che si può evincere, non venne subito considerato un edulcorante, ma nasce con lo scopo di esaltare il sapore delle spezie e la sapidità.

Oltre alla melassa e allo zucchero di canna iniziarono ad essere importati zuccheri distinti a seconda del colore che dipendeva dal grado di raffinazione. Questa distinzione di zuccheri fu subito proiezione di differenziazione sociale: solo i ricchi potevano permettersi lo zucchero bianco, cioè quello più raffinato e lavorato. La lenta introduzione dello zucchero nelle cucine Europee non dipese soltanto dalle tradizionali abitudini alimentari ma anche per il necessario clima equatoriale e tropicale di cui aveva bisogno questo vegetale per crescere rigoglioso. Grazie alla scoperta delle Americhe, per conto dei Portoghesi, le piantagioni di zucchero si estesero anche nel Nuovo Mondo. Nel 1493 infatti Cristoforo Colombo portò a Santo Domingo delle piante di canna da zucchero provenienti dalle Canarie. La coltura dello zucchero si estese rapidamente a Porto Rico, Cuba e Giamaica. Tutti i nuovi paesi scoperti e colonizzati nel corso del XVI secolo e all’inizio del XVII si ricoprirono di piantagioni di canna da zucchero, che dall’altra parte però alimentò lo schiavismo. E’ proprio nelle Americhe che vennero costruiti i primi zuccherifici con tanto di mulini e laminatoi che pressavano la canna da cui se ne ricavandone il succo che successivamente sarebbe stato cotto e versato in appositi stampi dove lo zucchero, cristallizzando, diventava zolletta. In queste strutture lavoravano principalmente schiavi, anche se non mancavano legittimi salariati. Già nel XVI il consumo di zucchero, diventato ormai molto economico e preferito al miele, crebbe di 18 volte.

Nel 1600 l’agronomo francese Olivier de Serres sperimentò che alcuni tipi di bietola, dopo la cottura, davano un succo simile allo sciroppo di zucchero. La novità però non ebbe subito seguito: sarà solo nel periodo napoleonico che sarà necessaria una valida alternativa alla canna da zucchero. Infatti a causa delle note vicende storico-politiche che riguardano Napoleone, si ebbe in Francia il blocco delle importazioni e dunque per un lungo periodo sparì dalla circolazione la canna da zucchero. Successivamente nel 1747 il chimico tedesco Andreas Marggraf riuscì a cristallizzare lo zucchero estratto dalle radici di bietole. Il suo allievo Franz Carl Achard proseguì gli studi su diverse specie vegetali, arrivando alla conclusione che per la produzione di zucchero si prestavano meglio le bietole. Da qui iniziò la selezione che portò alla costituzione della “Bianca di Slesia” la capostipite di tutte le barbabietole da zucchero. A seguito di ciò chiese al re di Prussia, Federico Guglielmo III, dei finanziamenti per proseguire le esperienze. Contemporaneamente Napoleone incentivò la produzione di zucchero da barbabietola nei territori sottoposti al suo controllo promuovendo l’apertura di molti zuccherifici in Francia dove l’imprenditore francese Benjamin Delessert perfezionò il procedimento di Achard.

Con il Congresso di Vienna ritornò in circolazione anche in Francia la canna da zucchero, che ormai però era stata quasi del tutto soppiantata dallo zucchero proveniente dalla barbabietola. I produttori di zucchero di canna e i produttori di bietole da zucchero iniziarono una guerra commerciale senza tregua. All’inizio del XX secolo lo zucchero di bietola iniziò a prevalere in maniera decisiva sulla canna. Ora la canna da zucchero si coltiva in quasi tutti i Paesi dell’Asia, dell’America, in Africa e Australia, mentre in Europa è presente solo in Spagna, cioè nelle zone caldo-umide della fascia tropicale. La superficie di terre coltivate a canna da zucchero nel mondo è di 31 milioni di ettari, praticamente l’estensione dell’Italia: i più grandi produttori sono Brasile, India e Cina. Francia, Stati Uniti, Germania e Russia invece sono i Paesi in cui si concentra maggiormente la produzione di zucchero bianco da barbabietola.

Anche nel nostro Paese, ad oggi, è di gran lunga maggiore la produzione di zucchero bianco da barbabietola. Le protagoniste sono regioni temperate come Puglia, Molise, Emilia Romagna e Veneto. Una simpatica credenza folkloristica, propria principalmente in Italia settentrionale, è quella di imputare il mancato sviluppo di questa coltura con la presenza delle Anguane, dee delle acque alpine e abitanti soprattutto del Triveneto, della Val Camonica e nei luoghi pedemontani. La leggenda narra che gli uomini che hanno qui vissuto non avendo rispettato queste divinità, per arroganza nei loro confronti, le Anguane hanno impedito loro di coltivare sale, zucchero e di produrre il vetro, tutte attività molto importanti per l’economia dell’epoca. Dopo il primo decreto napoleonico anche in Italia fu incentivata la coltivazione della bietola e la costruzione d’impianti di trasformazione. I primi due zuccherifici furono costruiti a Borgo San Donnino e a Genova ma non entrarono mai in funzione per varie difficoltà. Finita l’era napoleonica cessarono le iniziative per la coltivazione della bietola. Il primo vero impulso avvenne per opera di Emilio Maraini che ristrutturò il vecchio stabilimento di Rieti nel 1887 e acquisì quello di Savigliano nel 1894. Rieti fu il primo stabilimento italiano che entrò in effettiva produzione. Questo sviluppo impose necessariamente, oltre a quello tecnologico delle fabbriche anche un adeguamento dell’agronomia. Uno dei giganti della bieticoltura che si mise a capo della Regia Stazione Sperimentale di Bieticoltura di Rovigo fu Ottavio Munerati che addirittura scrisse una monografia a riguardo. Egli decretò il definitivo consolidamento della bieticoltura italiana.

SITOGRAFIA:https://www.kathay.it/blogs/curiosita/canna-da-zucchero#:~:text=La%20leggenda%20vuole%20che%20a,inebriante%20nonostante%20non%20produca%20frutti%E2%80%9D.

https://www.abicisac.it/storia/storia_zucchero.html

https://www.soniaperonaci.it/storia-dello-zucchero

BIBLIOGRAFIA: National Geographic, curiosità della storia “Lo zucchero, la “spezia irresistibile”